Mi hanno sempre affascinato le immagini caratterizzate da rigore geometrico e coerenza compositiva, così mi sono impegnato in un progetto fotografico che prendesse spunto dalla vita di tutti i giorni per raccontarne le atmosfere sospese e rarefatte, quasi al limite del surreale, che avvolgono ognuno di noi per lo più in modo inconsapevole. Mi interessa in particolare, lo scarto che avviene tra l’immagine catturata con mente lucida e la ripetitività quasi robotica dei gesti quotidiani. Quale laboratorio migliore, allora, della costa adriatica, luogo di vacanza e svago per eccellenza, affollata da giugno ad agosto da torme di turisti?
Lungi dalle spiagge infuocate il mio sguardo si è posato invece sui palazzi che accolgono gli stanchi villeggianti di ritorno da una giornata trascorsa sotto l’ombrellone. In quelle squadrate, ordinate ed austere geometrie si assiste alla contraddizione di un messaggio che vorrebbe preservare l’identità dell’individuo mentre, al contrario, preconfeziona desideri, speranze, aspirazioni creando uno standard completamente snaturato. L’esplosione del colore che riveste le facciate dei residence è solo un’illusione sotto la quale si cela il grigiore di un mondo globalizzato votato all’acquisto dalla pubblicità e dai media.
Ho scattato stringendo le inquadrature, concentrandomi sull’essenziale, schiacciando i piani e favorendo la creazione di un’atmosfera rarefatta e iper-reale, come se lo spettatore osservasse la scena che si svolge dentro un immenso acquario.
Superfici prigioniere:
Alcune considerazioni sulla fotografia di Fabio Negri